sabato 28 gennaio 2012

La chiave giusta

Ecco un motivo per scrivere.

L’assenza dal blog non è stata determinata da una mancanza di storie, anzi ne sono successe tante che prima o poi racconterò. Ma aspettavo che ci fosse qualcosa che mi colpisse particolarmente. E aspettando e respirando, quel qualcosa piano piano è arrivato.

Tu stai anni con la serratura chiusa, e sai che una storia, un racconto, quel particolare racconto che hai chiuso appunto con il lucchetto ormai rimarrà chiuso e non uscirà più. Perché è tuo, un avvenimento del passato che ormai non può più essere ripreso. Una persona che non potrai mai più rivedere e che ti ha dato tantissimo grazie a qualche sorriso e alla solarità che esprimeva, e alla bellezza dell’adolescenza.

Poi che succede? Le tue difese sempre alzate, sempre attento a non lasciare andare niente delle tue storie e dei tuoi racconti. Passa una persona e ha una chiave come la tua e con una facilità estrema, data dalla possibilità di accedere per conto suo al tuo stesso lucchetto, inserisce la chiave e apre.

E subito i ricordi cominciano a tornare alla luce. Un poco sfocati ma sempre pieni di emozioni, di sorrisi, di paure, di voglia di conoscere tipica di quando hai 15, 16 anni: il liceo scientifico, prima che ci fossero tutte le modifiche strutturali con i muri che chiudono qualsiasi possibilità di vedere attraverso le finestre il corridoio di fronte. Gli incontri durante gli intervalli per darsi gli appuntamenti per la sera o per un passaggio in motorino all’uscita. La curiosità di sentire un abbraccio, un bacio. Ti ricordi di aver scritto anche una cosa su un quaderno che chissà dove si trova…

Un brivido.

Poi ti viene in mente il giorno in cui senti la notizia sui telegiornali nazionali… e non ci credi che possa essere lei. Che nonostante il tempo passato e la lontananza di esperienze diverse, vieni toccato nel profondo. La tristezza che ti assale e la voglia di tornare a Bisceglie per una cerimonia dove sicuramente ritroveresti tante persone che non vedi da tempo. E anche lei, che chiude definitivamente ogni tua possibile idea di poterla rivedere per un saluto, come i tempi in cui bastava un sorriso e un cenno per dirsi tante cose.
La settimana bianca, la montagna, la neve, i Backstreet boys, la passeggiata mano nella mano con gli scii sulle spalle per accompagnarla a valle.. la serata in albergo dopo la gara di sci di fondo, in cui mi sono chiuso in me stesso, con la birra, per non pensare. O per pensare.

Tutto d’un tratto in pochi istanti mi sono venute in mente tante scene vissute insieme. E di fronte a me, quella persona con il mio lucchetto in mano, me lo porge e mi dice che nonostante la perdita, le fa piacere sentire parlare di questa persona, della sorella, morta nel 2005 in un centro estetico qui a Bisceglie.

E poi una foto di lei, che non vedevo da oltre quindici anni… i suoi occhi e il suo sorriso. La stella.

Questo è il motivo per cui amo conoscere gente nuova. In un modo o nell’altro le storie che può raccontare, sono storie che in parte possono parlare anche di me. Basta impegnarsi nell’ascolto e carpirne i particolari. Essi fanno la differenza.

Ancora una volta le mie barriere, di cui scioccamente vado tanto fiero, sono trapassate da un racconto. Da una persona, da un nome.

E improvvisamente mi riporta in alto, dove posso vedere “il tutto” con chiarezza. Grazie a un nome. E a un racconto di una persona che fino a una settimana fa conoscevo solo per sentito dire, oltre quindici anni fa. Simona. Ma questa è un’altra storia.