mercoledì 17 febbraio 2010

Bocca e orecchie...e occhi...


Oggi abbiamo fatto la lezione sulla semeiotica. Cos'è la semeiotica?
Lo studio dei segni e dei sintomi. E che c'entra con il titolo di questo post?
Il medico, che studia i sintomi della Persona che ha davanti (e non della malattia che ha davanti), deve essere in grado di ascoltare.
Una delle frasi che più mi ha colpito, che ho scritto negli appunti a dispetto di tutte le altre cose importanti studiate:

"Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca, proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà. "

Tra l'altro è vero anche che "parlare" è il doppio più facile che "ascoltare". Leggendo al contrario, si mette in evidenza come l'ascoltare sia il doppio più difficile del parlare.

Una cosa così banale, che diventa una massima che ho sempre interpretato, a mia insaputa.

Non amo parlare, non sono un oratore, lo faccio solo se c'è una situazione particolare.
Amo invece molto ascoltare e osservare. Studiare le persone dai loro movimenti, da cosa fanno mentre parlano. Tante informazioni in più si possono ricevere, semplicemente mettendosi in ascolto.
Cosa semplicissima, forse si penserà, ma perchè allora tante persone parlano e poche ascoltano?

Altra storia per gli occhi. Osserviamo, vediamo o guardiamo?
Non so quante persone si siano soffermate a pensare alla differenza madornale che esiste tra i tre verbi, usati spesso come sinonimi, ma che nascondono invece un significato "profondamente" diverso. Profondamente...
Vedere: percepire con l'occhio;
Guardare: fissare, rivolgere lo sguardo su una persona o su una cosa;
Osservare: guardare con attenzione, esaminare con cura.

Sono tre livelli diversi della stessa percezione. La vista.
Vedo un movimento alla mia destra; giro la testa e guardo la persona che compie quel movimento; osservo come quella persona compie quello specifico movimento.
Tre livelli di attenzione, di messa a fuoco.

E' così che ci accorgiamo degli occhi verdi di una ragazza che per un momento ha guardato nella nostra direzione e ne veniamo trafitti.
Ma questa è un'altra storia...

sabato 13 febbraio 2010

La storia preferita


Quante volte è successo che andiamo verso la nostra libreria per cercare un libro che ancora non abbiamo letto? E magari ci accorgiamo che davvero esiste nella nostra libreria che conosciamo a memoria, un libro dimenticato che non ricordavamo di aver comprato.
Lo prendiamo, contenti di poter leggere una storia nuova, qualcosa che ci stuzzicherà la fantasia, che ci coinvolgerà, che ci lascerà col fiato sospeso, insonni durante le notti passate in compagnia della lampada. Cominciamo a leggerlo, pagina dopo pagina. Giorno dopo giorno.
Un attimo di distrazione, forse causata dalla nostra voglia di qualcosa di buono, o da un brivido di freddo, o un rumore notturno, e cosa succede? Lo sguardo passa dal libro accomodato sulle nostre ginocchia a quello che abbiamo messo in cima a tutti. La nostra storia preferita, che conosciamo benissimo, ma che ogni volta che vediamo la copertina, ci fa tornare la voglia di riprenderlo tra le mani.
Chiudiamo il libro che stiamo leggendo, lo posiamo sul comodino e senza farci troppo caso andiamo a prendere quel libro così rassicurante, così invitante, facile, che conosciamo a memoria, e che non può deluderci.

Quante storie sono così?
Si cominciano, ci si perde nelle parole, si sogna, si vive, ci si innamora, ma si ritorna prima o poi a leggere la storia che ci rappresenta. Quella che non sappiamo perchè, ma ci coinvolge più di tutte.
Non è semplice, perchè è complicato. (cit.)

Per quanto mi riguarda forse rileggerei il Silmarillion, ma ora sto leggendo una saga di Drizz Do Urden, di Salvatore, un drow alle prese con un esercito di orchi... ma questa è un'altra storia...

Nodar Kumaritashvili

Oggi muore un ragazzo di 21 anni che non ha partecipato alle olimpiadi.
Non ho mai sentito parlare di lui perchè non seguo gli sport invernali.
Cionostante mi sento toccato, forse perchè sto nel mondo dello sport, o forse perchè ancora non riesco a capire qual è il mio sogno. Tutti gli sportivi sognano di partecipare alla manifestazione che in assoluto, più di ogni altra, rappresenta la figura dell'ATLETA.
Nodar Kumaritashvili, era un atleta olimpico.

Era.

Morto sul campo.
Morto durante il suo sogno.
Ad una velocità spaventosa.
Contro una colonna.
Nessuno dovrebbe morire mentre sogna. E' triste immaginare che può succedere questo.

Molto triste.

Non si tratta di un incidente fisiologico come può avvenire in una gara, in cui il cuore è sollecitato troppo. Ma di una morte infame.

Nessuno dovrebbe morire durante il proprio sogno.

venerdì 12 febbraio 2010

Il capo

Questa è una storia che mi ha raccontato la mia mamma diversi mesi fa, e che mi fa sempre riflettere molto...

Un giorno gli apparati del corpo umano stufi di lavorare gli uni per gli altri, decisero di fare una riunione per determinare chi fosse il capo.
Il cervello fu il primo a parlare: "E' chiaro che il capo devo essere io, comando le emozioni, gli stati d'animo, comando i movimenti e la parola, senza di me non potreste affatto lavorare."
Il muscoli chiamati in causa risposero: "Un momento caro cervello, tu dici di essere il capo perchè comandi i movimenti, ma allora se noi decidessimo di non muoverci che fine farebbe il corpo? Noi dovremmo comandare perchè altrimenti non potremmo neanche cibarci."
Il saggio cuore si alzò e con fare di chi la sa lunga esclamò: "Suvvia compagni, non siate superficiali. Ciò che serve al corpo è il sangue, senza esso non potrebbe vivere. Io devo essere il capo perchè convoglio il sangue in tutti gli altri distretti."
Dal silenzio che ne seguì, uscì stentorea e chiara la voce dell'intestino: "Il cervello dovrebbe essere il capo perchè sa comandare; i muscoli dovrebbero comandare perchè non potremmo cibarci; il cuore dovrebbe comandare perchè ci da il sangue. Facciamo così, io non lavoro per una settimana e poi ne riparliamo." Detto questo, si alzò e se ne andò.
Il corpo in quella settimana stette malissimo e ne risentirono tutti gli altri organi.
Da quel giorno, si decise che il Capo era quello che facevo lo stronzo...

Una storiella molto simpatica che spesso mi viene in mente soprattuto mentre alleno la squadra di quest'anno.
Ma questa è un'altra storia...

Grazie mia C.

Per tutte le volte che ti ho guardato e mi è venuta voglia di prenderti,
per tutte le volte che ti ho ascoltato e mi è venuta voglia di prenderti,
per tutte le volte che ho saputo che sei stata presa da un altro,
per tutte le volte che ho voluto tenerti tra le braccia,
per tutte le volte che ti ho tenuta tra le braccia e ti sei lascaita sfiorare,
per tutte le volte che ho toccato le tue curve,
per tutte le volte che con te mi è passata le tristezza,
per tutte le volte che mi hai fatto piangere,
per tutte quelle che mi hai fatto ridere,
per ogni singola volta che ti ho parlato e tu non mi hai risposto,
ti ringrazio,
mia cara Chitarra.

Un tempo suonavo molto bene la chitarra, un tempo, una vita fa, ma questa è un'altra storia...

venerdì 5 febbraio 2010

L'MRP, questo sconosciuto...

Sulla mia scrivania, ormai da qualche giorno, è presente un mio nuovo compagno di studi, Amleto Wilson. Per intenderci è un cranio in resina, ma mi guarda anche ora mentre scrivo, forse sa che sto parlando di lui. E' un ottimo compagno di studi, perchè riesco a vedere tutto ciò che gli passa per la testa e riesco quindi a capire meglio alcune cose che non mi erano del tutto chiare in passato.
E' un bene che sia diventato mio amico proprio in questo periodo perchè all'ultimo seminario del corso di Osteopatia, con la CSOT srl, sento di aver fatto dei passi avanti molto importanti, sulla capacità di "ascoltare" i tessuti.
Oltre ad aver potuto praticare il metodo funzionale di anamnesi, sono riuscito a sentire per la prima volta in maniera netta il Movimento Respiratorio Primario, questa onda che ci percorre da prima della nascita a (così dicono) anche 20 minuti dopo la nostra morte. Ed è stata una delle sensazioni più belle, profonde, nette e incredibilmente vere che abbia mai avuto. Ricordo che al primo anno i professori ci dicevano di avere pazienza, perchè la sensibilità sulle dita si affinerà con il tempo. E in quell'anno puoi solo fare una cosa: crederci. Poi impari a capire le linee di forza dei muscoli, come funzionano le articolazioni, a cosa servono le ossa, come sono collegate tra loro le strutture, come funzionano e un poco per volta la nebbia del primo anno comincia a diradare. E cominci a vedere. Al di là della nebbia, però non c'è la casetta sicura che ti aspetti, ma una strada, buia, sconnessa, da percorrere solo se si ha la costanza e la pazienza di fare piccoli passi. E l'ho voluta prendere, finalmente. Sono stato ripagato con questa sensazione meravigliosa, un dono di benvenuto forse, che auguro a tutti di poter sentire almeno una volta nella propria vita. Non sono pazzo e neanche uno stregone.
Vi racconto come è andata.
Ero con le mani sotto il cranio di un collega, il professore parlava e cercava di farci entrare nel ruolo aattraverso una serie di sugerimenti, tra i quali ho sentito le parole: "bolla" e "mettetevi in ascolto". Cosa ho fatto... mi sono immaginato il corpo del mio compagno racchiuso in una bolla di sapone come quelle di Dumbo diciamo, il cui diametro era dai piedi alla base del collo. Dalla bolla uscivano quindi il collo e la testa. Mentre pensavo a quanto fosse buffo raccontare una cosa del genere, le mie mani hanno avvertito la sensazione di una aspirazione, un qualcosa che cercava di portare li mie dita più in basso verso la base del cranio. Poi d'improvviso si è fermato ed è cominciata una fase opposta in cui le mani sembravano dover allontanarsi. Pochi secondi e ancora il risucchio, come la risacca del mare. E infatti la prima cosa che ho pensato è stata la spiaggia dove da piccolo facevo il bagno, piena di sassi e scogli, e il rumore del mare che saliva a riva e ritornava con quel suono tipico di risacca in cui i ciottoli vengono portati verso le profondità.
Poi nulla. Ma sapevo di aver sentito il MRP. Ci sono riuscito solo un altra volta dopo di questa, ma ancora per pochi secondi. Per ora mi basta, la strada è lunga e non si può farla tutta di un salto. Un passo alla volta, con pazienza e costanza, come quando da piccolo passeggiavo con i miei genitori per i prati in montagna... ma questa è un'altra storia...

Il tempo della semina

Non ho molti ricordi del mio nonno materno, Ignazio Colangelo, ma quei pochi che ho, mi fanno pensare che fosse un uomo saggio e paziente. Di certo due qualità che invidio molto alle persone. Soprattutto da quando vivo a Roma.
Ma che c'entra mio nonno?
Lui era un contadino, una persona semplice, che si svegliava tutte le mattine presto, usciva di casa con la bicicletta fino a pochi anni prima di morire, e andava al campo, che ho visto 2 volte in vita mia. E solo ora rimpiango non aver vissuto tanti momenti con lui.
La saggezza traspariva da ogni movimento, ogni respiro, ogni occhiata. Parlava poco, pochissimo, e quando lo faceva (ancora capivo il dialetto di Bisceglie) era per dire cose importanti. Un contadino sa bene quando è il momento di lavorare e quando è il momento di riposare. Un contadino capisce l'importanza dell'acqua, del cibo, dei soldi, più di ogni altro. Un contadino ha bisogno del suo campo, da seminare, curare, cullare, vedere crescere e gioire del frutto dell'azione congiunta della natura e dell'uomo. Quante volte pensiamo di aver bisogno di tante cose, di giacche, di scarpe, borse, magliette, auto, e quante volte pensiamo che abbiamo bisogno di introspezione? Perchè stare piegati tutta la mattina solo per porre dei semi dentro la terra, annaffiarli e curarli, lascia il tempo di pensare a quanto sia importante essere centrati su se stessi. Quanto sia importante seminare ADESSO e non domani, quanto sia importante curare un fiore o un'amicizia ADESSO e non domani, quanto sia importante investire sul proprio CAMPO, adesso, non domani.

E di lui ricordo che mi raccontava della guerra, della prigionia in Africa, di come ha imparato l'inglese da prigioniero, di come venivano trattati e cosa davano loro da magiare.
Ricordo le partite a carte, a scopa che non si sa come vinceva sempre lui, SEMPRE!!!! Mai che riuscivo a batterlo!
Ricordo che una volta per farmi mangiare mi legò alla sedia con la sua cintura di cuoio, ed io, in un impeto alla Hulk riuscii a romperla, e ricordo il suo volto tra il sorpreso e il triste, forse era una cinta importante quella...
Ricordo di quando si avvicinò per salutare mia nonna per l'ulitma volta, nella bara, e avvicinandosi le disse: "Digli di chiamarmi presto".
Questa per me è saggezza.

E sento che anche se in minima parte, quel sangue è dentro di me. Ogni volta che progetto qualcosa, partendo dalle basi; ogni volta che cerco di capire una persona, osservandola; ogni volta che cerco di aiutare una persona, ascoltandola; ogni volta che investo negli studi, seminando ADESSO per un futuro albero che alcune persone intorno a me non sanno vedere.
Ma a me non interessa, ho cominciato a seminare quando sono arrivato a Roma, e quella piccolissima foglia che era spuntata, adesso è diventata un piccolo fuscello. Piccolo, ancora debole contro il vento, contro la pioggia, e tutti gli eventi che continuano a tormentarlo, ma non mollo, e continuo a curarlo perchè anche se sono solo, io riesco a guardare come può diventare tra pochi anni questa pianta. E continuerò a proteggerla da tutte le intemperie e tutte le catastrofi, più o meno importanti con cui ogni giorno mi scontro.
Questa pazienza se davvero è dentro di me, è merito delle mie origini contadine, e ne sono contento.

La cosa più bella è scoprire che le origini contadine le ha avute anche l'Osteopatia, ma questa è un'altra storia...

giovedì 4 febbraio 2010

Yellowosteopath

Partiamo dal principio.

Yellow è certamente un colore, ma questa spiegazione non corrisponde all'idea che è scaturita da una mente malata quale la mia, di dare il nome di un colore al blog.
Yellow, nelle mia elucubrazioni è il nome che avrei voluto avessero dato a un personaggio ormai familiare ai pallavolisti italiani, il famigerato "pollo" chiamato "volly" che ci rappresenta nel mondo. Ora... chiamare Volly un personaggio che dovrebbe rappresentare la Pallavolo italiana è abbastanza divertente, quasi quanto pensare chi ci rappresenta in politica... ma questa è un'altra storia.
Perchè dare il nome di un colore a un personaggio, forse qualcuno si chiederà? In realtà se scrivi al contrario la parola Volley, esce Yellov, che però non è indicativo di nulla. Il colore GIALLO, invece, mi ricorda molto i palloni che stiamo usando con la squadra che alleno, i nuovi Mikasa a spicchi giallo-blu.
Da qui Yellow un blog che parlerà in parte di pallavolo, in parte di risultati, di esperimenti, di allenamenti e di Persone che mi sopportano quando mi "impallo" a pensare alla spiegazione di un movimento in termini di biomeccanica, quando farnetico qualcosa di incomprensibile anche a me stesso, quando utilizzo la loro pazienza e voglia per cercare di raggiungere il modello di prestazione perfetto...

Osteopath, è un chiaro riferimento all'osteopatia. Certo! Ma Osteopath, può essere suddivisa in 2 termini: Osteo, che farei derivare dal greco (andate a vedere su Wikipedia) e significa "struttura"; path che vuol dire percorso, strada, sentiero.
Da qui l'idea di spiegare una strada particolare che ho preso, e del perchè l'ho voluta prendere, quella dell'osteopatia. Su questo blog, quindi cercherò di descrivere le "stregonerie" che il corpo umano attua quando decide che è ora di iniziare a guarire, scriverò di anatomia, di anatomia e di anatomia, di Strutture e Funzioni, ma anche di Funzioni e Strutture, di stretching e altra roba che fa bene alla salute.

Tutto ciò non vuole essere un trattato di una persona che sa tutto, ma una semplice annotazione di un mediocre studioso che per crescere ha bisogno di scrivere e di comunicare.

Qui finisce il principio, la spiegazione del perchè questo blog ha un nome tanto strano.
Ma come le migliori avventure fantasy (e spesso anche della vita reale) questa fine corrisponde a un inizio.
Ma questa è un'altra storia...