lunedì 4 febbraio 2013

Strade

E' un po' che non scrivo. Non che non abbia avuto storie da raccontare. Ne sono successe tante di cose. Solo che "scrivere per scrivere" non è per me. Se scrivo è perchè voglio lasciare un ricordo di un momento particolare. E ora voglio lasciare in nero, anzi in giallo, un racconto.
 Si cammina tante volte su una strada appena battuta da altri, e tante altre su un'autostrada. Tante volte dobbiamo aprire la via come gli esploratori con il macete, che tagliano le foglie delle piante tropicali di qualche foresta africana. Tante volte invece sembra di essere in balia della strada. Non la capiamo, non la vediamo. Semplicemente: camminiamo.
 Ho attraversato questo momento e forse ne sto uscendo ora. Il periodo da Novembre ad ora è stato un poco così. Di stordimento, ma anche di affanno. Come se stessi facendo un percorso non con le mie forze, ma che mi prosciugasse comunque di energia. Dentro una vettura che sceglie autonomamente il percorso, ma che è alimentata dalla mia forza vitale. Forse però, almeno così sento, sto rimettendo le mani su quel volante e di nuovo gli occhi sulla strada.
 Non so perchè, ma sono stato in balia delle onde. Una barca a vela sobbalzata dal vento come un fuscello di un albero durante una tramontana. Il vento si è calmato e sto piano piano prendendo la gomena e cercando di dare una direzione a questa barca. A questa macchina. A me stesso.
 Mi fa sorridere che questo momento di tempesta è arrivato in concomitanza (più o meno) con il compimento degli anni a Novembre. Sorridere perchè di solito qualche giorno prima del compleanno faccio sistematicamente i conti di quello che ho fatto e che sono diventato durante l'anno. Progetti, soldi, affetti, obiettivi eccetera. E ho capito una cosa. E questo mi ha destabilizzato credo. Che per vivere qualcosa, bisogna viverlo (life is live diceva qualcuno). Che cazzata... E' banale. Ma è così. E viverlo significa sceglierlo e andare avanti.

Fino al primo incrocio almeno.

Fino al secondo.

Al terzo.

Perchè non sai mai se la prossima strada sarà quella buona o sbagliata. Bisogna percorrerla per capirlo. Mi immagino al scena: io al centro di uno di questi incroci da film, a quattro direzioni, fermo sul ciglio della strada. In lontananza a ovest un canion rosso, si staglia su un deserto giallo sabbia. A nord una foresta verde e nera, fitta che lascia spazio all'immaginazione dei the cure. A est la strada è in discesa verso il mare blu, che definisce l'orizzonte in un misto di bianco, celeste e grigio. Finchè può perdersi lo sguardo.
E a sud la strada da cui vengo. Dietro di me la montagna. Scendo dalla macchina, apro la mappa e inizio a studiare da quale parte andare per raggiungere la meta. Fermo come un segnale stradale, sotto il sole di mezzogiorno in un esistenza fantastica. Che strada scelgo? Così ero fino a novembre.
Poi ho iniziato a lavorare su questa cosa. E ho preso la strada verso il mare. Vediamo che strada è. E vediamo dove porta. Ancora non la percorro con sicurezza. Spesso guardo negli specchietti. Troppo spesso in realtà. Anzi, guardo più negli specchietti che nel parabrezza.
Oggi sono così, guardo avanti, verso il mare, su questa strada in discesa, che lentamente mi conduce al blu. Questo incrocio è il dilemma della mia vita. Ed è strano, quando qualcuno che non ti conosce, vede attraverso i tuoi occhi che stai cercando la strada, e non sei sicuro di aver preso quella giusta, e ti dice di avere fede. Fede. Come quella che ci si mette al dito, un simbolo di comunione. Di fede. Come una promessa.
 Ma questa è un'altra storia...