sabato 10 marzo 2012

Correnti

Correnti.
Di energia, di acqua, di aria, di persone. Correnti di pensieri.
Visibili o invisibili. Correnti.
Quando sei dentro non te ne accorgi a meno che non pensi di poterti vedere dall’alto. Immagino gli animali acquatici delle varie correnti come le meravigliose tartarughe nel film “Finding Nemo”. Immagino il fluire del tutto casuale e rapidissimo dei pensieri di uno “psicopatico”, o di un genio. Immagino Leonardo da Vinci preso nei suoi studi e nei suoi pensieri, su un tavolo di pietra mentre “apre” un addome per cercare di capire dall’osservazione diretta strutture e funzioni. Immagino mongolfiere, aquile, passerotti, rondini che sfruttano le correnti per spostarsi su questo mondo. O meglio sopra questo mondo. Immagino aquiloni che vorrebbero liberarsi dai legami. Vorrebbero librarsi in volo e farsi trascinare dagli (e)venti, ma invece sono bloccati a terra da un filo, seppure sottile e fragile. Quanti di noi sono aquiloni?
Sono stato in questo locale a Bisceglie ieri sera. Si chiama Glam House… il nome dice tutto… Senza stare a commentare l’arredamento o le persone che frequentano questo posto, che comunque sono elementi caratterizzanti, mi sono soffermato sulla quantità di gente presente. Dal classico tipo appoggiato al bancone con un drink in mano che sorride a qualsiasi ragazza che gli passa davanti, al classico ragazzino che bevendo un cocktail si sente qualcuno, passando per la classica ragazza che va per farsi offrire da bere e la classica ragazza che passando tra la gente sgomita per passare in mezzo a quelli che vogliono toccarle il culo senza troppa difficoltà. Mi sono guardato molto intorno, come ogni volta che faccio una cosa nuova. Non so se dipende dal fatto che voglio capire dove mi trovo, diciamo per curiosità, o perché non mi sento a mio agio se non ho il pieno controllo delle cose (dell’ambiente in questo caso) con cui ho a che fare. Penso di essere l’unica persona la mondo ad esempio che prima di accendere un pc appena comprato si è letto le istruzioni… ma vabbè… si sa che sono ossessivo…
Guardandomi intorno comunque ho visto che il soffitto è a punta. Non so spiegare bene il significato di “soffitto a punta” perché di architettura non capisco niente, diciamo tipo le casette che disegnavo quando ero piccolo. Grosse travi di legno da una parte all’altra delle pareti. Scendendo con lo sguardo, si ritorna alla normalità dell’uomo. Gente che danza sulle ballatoie, vicino al lampadario centrale che scende fino a terra, all’interno del bancone dove due bartender servono alle persone che si accalcano sul balcone agitando le braccia verso di loro e verso il lampadario centrale, che appunto si allunga in alto fino al soffitto, e di nuovo le travi di legno scuro e il tetto, come quello delle case di montagna. E quando sono arrivato di nuovo su con lo sguardo mi sono accorto della corrente del mio sguardo. Partito dal tetto e ritornato al tetto. E da su poi, mentre guardavo le pareti di pietra, non ero più con i piedi per terra. Anzi ero sul tetto e guardavo la calca di gente dall’alto. Qualcuno mi passava davanti, gruppi in fila indiana che si incrociavano descrivendo croci o ics. O cerchi. O curve. Qualcuno più veloce, qualcuno costretto a tenersi per il braccio per non perdere il/la compagna. Ma il massimo del movimento era nel punto centrale. Dove tante braccia mostravano lo scontrino alle due persone centrali. Tutte quelle braccia mi hanno ricordato un poco il movimento dei peduncoli o le fimbrie, le espansioni digitiformi che “afferrano” l’ovulo per portarlo nelle tube ovariche. Poi sono ritornato a guardarmi effettivamente intorno e ad essere anche io umano, senza ballare, ma comunque facendo parte delle correnti che determinavano sopra il mio volere il movimento e la mia posizione. Poi siamo arrivati vicino la porta di ingresso (o di uscita… dipende dai punti di vista) e finalmente fuori ho di nuovo respirato l’aria del mare, che la corrente aerea di quel momento aveva portato verso l’entroterra. Qualche chiacchiera li fuori e poi finalmente mi sono riappropriato della mia corrente e quel movimento alternato degli arti inferiori, che ormai è diventato automatico, mi ha condotto verso la macchina. Ma ora mi chiedo… era veramente la mia volontà o era anch’essa una corrente che mi conduceva alla macchina e a casa e al letto senza che io me ne accorgessi in maniera cognitiva e razionale?
… ma questa è un’altra storia.

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