venerdì 5 febbraio 2010

Il tempo della semina

Non ho molti ricordi del mio nonno materno, Ignazio Colangelo, ma quei pochi che ho, mi fanno pensare che fosse un uomo saggio e paziente. Di certo due qualità che invidio molto alle persone. Soprattutto da quando vivo a Roma.
Ma che c'entra mio nonno?
Lui era un contadino, una persona semplice, che si svegliava tutte le mattine presto, usciva di casa con la bicicletta fino a pochi anni prima di morire, e andava al campo, che ho visto 2 volte in vita mia. E solo ora rimpiango non aver vissuto tanti momenti con lui.
La saggezza traspariva da ogni movimento, ogni respiro, ogni occhiata. Parlava poco, pochissimo, e quando lo faceva (ancora capivo il dialetto di Bisceglie) era per dire cose importanti. Un contadino sa bene quando è il momento di lavorare e quando è il momento di riposare. Un contadino capisce l'importanza dell'acqua, del cibo, dei soldi, più di ogni altro. Un contadino ha bisogno del suo campo, da seminare, curare, cullare, vedere crescere e gioire del frutto dell'azione congiunta della natura e dell'uomo. Quante volte pensiamo di aver bisogno di tante cose, di giacche, di scarpe, borse, magliette, auto, e quante volte pensiamo che abbiamo bisogno di introspezione? Perchè stare piegati tutta la mattina solo per porre dei semi dentro la terra, annaffiarli e curarli, lascia il tempo di pensare a quanto sia importante essere centrati su se stessi. Quanto sia importante seminare ADESSO e non domani, quanto sia importante curare un fiore o un'amicizia ADESSO e non domani, quanto sia importante investire sul proprio CAMPO, adesso, non domani.

E di lui ricordo che mi raccontava della guerra, della prigionia in Africa, di come ha imparato l'inglese da prigioniero, di come venivano trattati e cosa davano loro da magiare.
Ricordo le partite a carte, a scopa che non si sa come vinceva sempre lui, SEMPRE!!!! Mai che riuscivo a batterlo!
Ricordo che una volta per farmi mangiare mi legò alla sedia con la sua cintura di cuoio, ed io, in un impeto alla Hulk riuscii a romperla, e ricordo il suo volto tra il sorpreso e il triste, forse era una cinta importante quella...
Ricordo di quando si avvicinò per salutare mia nonna per l'ulitma volta, nella bara, e avvicinandosi le disse: "Digli di chiamarmi presto".
Questa per me è saggezza.

E sento che anche se in minima parte, quel sangue è dentro di me. Ogni volta che progetto qualcosa, partendo dalle basi; ogni volta che cerco di capire una persona, osservandola; ogni volta che cerco di aiutare una persona, ascoltandola; ogni volta che investo negli studi, seminando ADESSO per un futuro albero che alcune persone intorno a me non sanno vedere.
Ma a me non interessa, ho cominciato a seminare quando sono arrivato a Roma, e quella piccolissima foglia che era spuntata, adesso è diventata un piccolo fuscello. Piccolo, ancora debole contro il vento, contro la pioggia, e tutti gli eventi che continuano a tormentarlo, ma non mollo, e continuo a curarlo perchè anche se sono solo, io riesco a guardare come può diventare tra pochi anni questa pianta. E continuerò a proteggerla da tutte le intemperie e tutte le catastrofi, più o meno importanti con cui ogni giorno mi scontro.
Questa pazienza se davvero è dentro di me, è merito delle mie origini contadine, e ne sono contento.

La cosa più bella è scoprire che le origini contadine le ha avute anche l'Osteopatia, ma questa è un'altra storia...

1 commento:

  1. per caso le giacche messe al primo posto sono un messaggio subliminale?
    :)

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